invece no

le parole sono importanti

Archive for the ‘Politica’ Category

Il titanico scontro tra Berto e la lingua Italiana

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Ci sono discorsi che sono come i buchi neri: ci finisce dentro di tutto e le regole non valgono più. Con Alberto Crétaz – per tutti solo Berto – è successo così. Questo capolavoro è tutto da ascoltare, non c’è altro da aggiungere se non che Turi non è più da solo.

Qui sotto vi regalo la trascrizione, costata fatica e lacrime. Dal ridere.

Sì, in effetti è un fiore all’occhiello quello che assistiamo annualmente tramite le due sagre rievocative della Fiera di Sant’Orso di Donnaz e di Aosta. Son due manifestazioni straordinariamente importanti… mantenute nel tempo e un connubio straordinario tra pubblico e privato e Donnaz pur nel ristretto di questo stupendo borgo riesce a manifestare tutto quello che è la sensibilità, soprattutto dei locali, delegati alla gestione, ma altresì mettere in evidenza quale che è il lavoro intrinseco in questa hobbistica ma non solo nell’artigianato nell’artigianato valdostano tant’è che sono proprio loro i primi a dire “noi non siamo artisti” perché la gente li interpreta come artisti, no…? loro vogliono continuare a dire “no guardate che noi siamo soprattutto degli artigiani” seppur impegnati seppur che hanno maturato una confidenza tale che riescono a stupire, stupire soprattutto i turisti. Il merito è anche di queste scuole. Si sono istituite delle scuole tramite l’assessorato regionale alle Attività e da lì è maturata… sono maturati degli esempi straordinari di ragazzi ma anche gente meno giovane che ha saputo scoprire tutto quello che aveva all’interno che non riusciva ovviamente se non con la scuola non lo sbloccava. Io ricordo ad esempio quanti artisti, che poi sono artigiani, guai che non vado… che ex Ilsa Viola, gente che poi col prepensionamento ohhh… ehhh… è andato è rimasto poi a casa e che si è dedicato, a questa a questa attività eeeee… richiamo è forte, la salvaguardià, la salvaguardia del prodotto è stupendo è un qualche cosa di straordinario e Donnaz deve andar fiero di questo e non si può che continuare per quello che è il obiettivo che si è preficato di dare un’organizzazione, una sicurezza, uno spazio, un’assistenza, un controllo di questa stupenda fià… sagra.

Per Aosta il discorso è ancora maggiore. Aosta… e Aosta è il richiamo dell’anno. Aosta si è sviluppato in uno spazio che veramente eeee… qualsiasi turista da ogni parte del mondo, ormai si parla in quei termini, riesce, in più giorni ovviamente, soggiornando ad Aosta, e riuscendo poi a unire questa, questo ambito di fiera con altre tante offerte che la regione offre… eeee riesce veramente a appagarsi in un modo straordinario come avesse fatto un giro in qualche ambito sperduto del mondo. Questo è un valore che abbiamo saputo salvaguardare perché ci proviene da dal… è una memoria storica che però siamo riusciti in un modo straordinario a salvaguardallo, salvaguardarlo e a soprattutto grazie al fine che non è mancata la materia prima: gli artigiani.

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Written by andrea chatrian

10 febbraio 2012 at 15:26

Il partito dei guai

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Oggi mi sono occupato anche io dell’ennesimo “Caso Lavoyer” che sta terremotando la politica valdostana. Non nello specifico – di quello ha già scritto Enrico Martinet – ma allargando lo sguardo al partito dell’assessore regionale alle Finanze, la Fédération autonomiste. Un partito che inciampa un po’ spesso negli scandali. Qui sotto c’è il pezzo uscito sulla Stampa con il titolo “Il partito dei guai, 10 anni di scandali targati Fédération” (no link, sorry).

“Agisci in modo che ogni tuo atto sia degno di diventare un ricordo”. Per la rubrica “l’aforisma del mese” nel numero di ottobre del giornale La Voix Autonomiste, i vertici della Fédération avevano scomodato nientemeno che il filosofo Immanuel Kant. E di ricordi, nella storia recente, il partito regionalista nato dall’abbraccio tra ex Dc ed ex socialisti ne ha lasciati tanti. Soprattutto nelle cronache giudiziarie.

Inciampi, equivoci e grattacapi che nell’ultimo decennio hanno coinvolto o sfiorato la gran parte dei big del partito. Quelli che ormai sono fuori dai giri che contano, come Silvestro Mancuso, ex assessore comunale finito sette giorni in carcere per una storia di peculato; quelli che hanno cambiato casacca come Mauro Baccega, “Mister 1248 preferenze” alle ultime Comunali aostane per la Stella Alpina, assolto nel 2002 dall’accusa di evasione fiscale quando assieme ad altri 21 imprenditori era il re dell’Aosta by night. La Finanza trovò i registri con gli incassi in nero, ma la legge era cambiata. Assolto.

E con l’esplosione dell’ultimo caso Lavoyer-Carradore la Fédération Autonomiste si trova a dover fare i conti con un primato poco invidiabile: quattro dei suoi cinque eletti (tre in Municipio, due in Consiglio Valle) sono al centro di scandali politico-giudiziari. Fuori dai guai c’è il solo Franco Napoli.

Già, perché proprio pochi giorni fa è cominciato a Torino il processo che vede imputati per turbativa d’asta il coordinatore del partito e consigliere regionale (oltre che ex sindaco del capoluogo) Leonardo La Torre e il consigliere aostano Salvatore Luberto. Una storia nata dai rifiuti, che risale a quando La Torre era assessore regionale alle Attività produttive e Luberto il potentissimo presidente dell’Azienda pubblici servizi aostana. Secondo il pm torinese Carlo Maria Pellicano, Luberto incaricato da La Torre fece pressioni sull’allora presidente dell’Amiat Giorgio Giordano perché la Allsystem di La Torre si aggiudicasse l’appalto dei servizi di sicurezza della municipalizzata torinese. La Allsystem vinse. Entrambi sono tranquilli e si dicono “estranei all’accusa”.

Ma adesso nell’occhio del ciclone ci sono Lavoyer e Carradore. E non è la prima volta perché prima del vortice di assegni i due si sono trovati in mezzo a un uragano di fatture pagate con i soldi della Regione quando lui era assessore al Turismo e lei la sua segretaria particolare. Soggiorni da sceicchi offerti a giornalisti in cambio di articoli pubblicitari. Per la regione, ma non solo. Come l’immortale servizio su Capital, firmato da Monica Setta, dedicato a Lavoyer. Il titolo? “E io sfido Cortina”.

(Che poi, avendo voglia e tempo, la letteratura sarebbe ancora più ampia…)

Così lontani, così vicini

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Mario Andrigo di mestiere fa il sostituto procuratore alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, la prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta. Di ‘ndrine, affari e politica se ne intende, ha il polso della situazione. Venerdì sera era ad Aosta per parlare alla Cittadella dei Giovani (invitato dall’associazione Libera e dall’Arma dei carabinieri) e presentare il libro scritto assieme al giornalista Lele Rozza. Qui di seguito metto un po’ di cose che ha detto e che sono state riportate dalle agenzie di stampa (ne parliamo anche sul giornale).

La Valle d’Aosta, come altre regioni del Nord Italia, è permeabile alle cosche in quanto realtà socio-economica che ritiene la ‘ndrangheta un fatto di recente scoperta. Non si può pensare alle mafie come a dei corpi estranei da respingere, ma è necessario affrontarle per estirparle, perché probabilmente sono già presenti. Anche qui negli anni passati ci sono stati processi alla ‘ndrangheta, dunque non bisogna limitarsi ad assumere un’aspirina ma è necessario sottoporsi a esami clinici più invasivi, altrimenti non si riesce a intervenire in modo efficace.

E fin qui, ok (voglio dire, son cose di cui si è parlato spesso negli ultimi anni). Ma c’è un altro passaggio che dovrebbe far riflettere davvero in una regione dove il motore economico e sociale è la pubblica amministrazione (e quindi la politica):

Il problema che si vive in Calabria non è tanto il controllo diretto della ‘ndrangheta sulla politica, quanto il fatto che la politica sia interamente vissuta come un modello per trovare un’occupazione e per accedere a un sistema di crescita progressiva che si realizza portando più voti di altri a un determinato candidato. In questo modo non si tutela solo il proprio interesse ma anche quello di amici e parenti, creando un vero e proprio sistema di clientela. Infiltrazioni e collusioni delle cosche, in assenza di questo sostrato, probabilmente non sarebbero così gravi.

Ah, tanto per stare tranquilli ha parlato anche Guido Di Vita, il comandante regionale dei carabinieri che prima di assumere il comando in Valle d’Aosta era di servizio proprio a Reggio:

Dopo l’omicidio di Natale a San Luca, che aveva fatto ricominciare la faida con la Strage di Duisburg, partirono telefonate da e per la Valle d’Aosta.

Written by andrea chatrian

15 ottobre 2011 at 23:52

Aspetta e spera

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Giuseppe De Rita, presidente del Censis, dice alla Vallée Notizie delle cose interessanti sul “sistema Valle d’Aosta” e su come questo dovrà – se ci riesce – fronteggiare il cataclisma economico in atto. E’ un ragionamento di medio/lungo termine, costruito su argomenti che stravolgono la prospettiva, ormai calcificata, di rifugiarsi nel pubblico. La cosa importante è che certi concetti vengano ripetuti allo sfinimento. Chissà poi che qualcuno non decida di seguirli. Qui di seguito c’è cosa ha detto (grassetto mio) De Rita a Corrado Ferrarese:

(…) La Valle d’Aosta ha sempre vissuto, anche nella sua notevole agiatezza, su meccanismi di trasferimento di denaro pubblico; naturalmente se si stringe la borsa finanziaria è quasi naturale che ci sia una restrizione anche dei processi di formazione del reddito all’interno della regione. (…) L’economia reale in Trentino Alto Adige è più forte rispetto alla Valle d’Aosta in cui è preponderante il flusso di denaro pubblico. Con la crisi, un’economia reale debole che ha vissuto accanto invece a un’economia di derivazione pubblica molto forte probabilmente dovrà ridistribuire i pesi del proprio sviluppo. (…) C’è il problema di concezione di un modello che in cinquant’anni è cresciuto su se stesso. Cambiare modello in corsa non è facilissimo. può avvenire con un meccanismo di trasformazione lento: ad esempio aumentando i piccoli imprenditori, la qualità del turismo di un certo livello. Siccome buona parte della ricchezza italiana di questi ultimi tempi è data dal turismo di ricezione e da imprese che fanno export, occorre equilibrare anche in Valle d’Aosta questo elemento: cioè avere una ricchezza che venga dal turismo e dall’enogastronomia di eccellenza insieme insieme alla capacità di stare nella dinamica industriale italiana. (…) Se le vecchie generazioni erano abituate a un certo tipo di modello di sviluppo che difficilmente può portare a diventare un piccolo imprenditore, i giovani laureati e diplomati possono avere il gusto di fare qualcosa in proprio, di personale, di individuale e quindi di sperimentare la piccola e media impresa. Noi abbiamo educato i nostri figli, specialmente qui in Valle d’Aosta, ad una concezione europea che però è andata in crisi in questi ultimi mesi ed anni in maniera assoluta: non è facile dire ai ragazzi di oggi di sentirsi più europei. Oggi guardare al mondo è molto più complicato per la generazione che ha pensato che dopo l’Italia ci sarebbe stata l’Europa: c’è una molteplicità di poteri, di ricchezze, di modelli di sviluppo. Il vero problema è andarsele a vedere: i ragazzi di oggi non possono più studiare sui libri ma devono andare in giro.

De Rita parla domani al Giardino Ange di Courmayeur, alle 18.

Written by andrea chatrian

13 agosto 2011 at 12:18

Chicchirichì

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Su VdA Today si può seguire il livebloggin’ dal congresso dell’Alpe.

(C’è anche la diretta web, ma è meno divertente)

Written by andrea chatrian

5 marzo 2011 at 10:39

Ehi sono quaggiù!

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Il ridimensionamento automatico delle immagini può creare effetti surreali se si ha a che fare con il (mini) ministro Brunetta. Questa volta è capitato all’Ansa. Roba che neanche se lo fai apposta. (Grazie al sempre ottimo Stampacadabra)

Written by andrea chatrian

8 febbraio 2011 at 18:00

Pubblicato su Giornalismo, Politica

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Popoli fratelli

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Herr Landeshauptmann Luis Durnwalder, presidente della Provincia di Bolzano, ha annunciato che non festeggerà il 150° anniversario dell’Unità d’Italia: i sudtirolesi si sentono austriaci, non italiani e dunque ciccia. ‘Fanculo Cavour, il Risorgimento e Roma capitale.

Sarebbe interessante sapere cosa pensano di questa ennesima idiozia crucca gli autonomisti valdostani. Quelli che ogni occasione è buona per citare il modello altoatesino, quelli che – in maggioranza come all’opposizione – appena possono lanciano le tirate sui “peuples frères” rispolverando tutto l’armamentario delle radici francofone per marcare la diversità anche etnica rispetto al resto del Paese.

P.S. Intanto la posizione di Durnwalder ha fatto scoppiare un casino politico. Qui il durissimo editoriale dell’Alto Adige.

Aggiornamento/1: Ha parlato il presidente del Consiglio regionale valdostano, Alberto Cerise: “L’Italia e’ nata in Valle d’Aosta, Piemonte e Savoia e quindi partecipiamo alle celebrazioni per i 150 anni dell’Unita’ d’Italia con la presenza anche, in autunno, del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ho personalmente invitato per l’anniversario (…). Nessun valdostano penso possa sentirsi francese.

Aggiornamento/2: E’ intervenuto anche l’ex presidente Luciano Caveri: “(…)Partecipare a qualunque tipo di festeggiamento ha senso dunque per capire meglio la nostra storia e, per quel che mi riguarda nella logica di giuramento di fedeltà alla Costituzione e allo Statuto, per rimarcare come l’opzione federalista (quella vera e non i “tarocchi”), nel passato come oggi, sia l’unica vera alternativa ad un traballante Stato unitario. Altrimenti ci sarebbe poco da festeggiare”.

Lo statista de no-s-atre

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Dice Augusto Rollandin che:

A noi (unionisti, ndr) va bene avere un governo debole: finché ha queste difficoltà abbiamo una chance di essere ascoltati. Quand’era forte non ci consideravano. Dalla possibilità di lavorare con un governo debole abbiamo solo da guadagnarci e non siamo gli unici ad averlo capito (…)

Lato autonomista: Un “programma” del genere conferma solo che la Politica, da quelle parti lì, è morta e sepolta da un pezzo. Ne avevamo già parlato e non c’è nulla di nuovo, l’encefalogramma resta piatto. Zero progetti, zero proposte, zero elaborazione culturale che vada oltre la mitologia. Quanto sarebbe bello poter tornare a discutere di politica e non di businness plan. Al centro del dibattito ci sono ormai solo il pozzo nero dei soldi e il mantenimento di misere posizioni di rendita. E proprio nel momento in cui il Paese è scosso da una crisi profonda e cerca di darsi un’impronta federalista, qui si guarda con sospetto a qualunque innovazione del tessuto istituzionale per rifugiarsi in cantina a contare le monete. E per di più chiedendo alla base unionista di gettar via 50 anni di storia con un bel sorriso. Contenti loro… Intanto la Stella Alpina aspetta e la Federation autonomiste ha altre gatte dal pelare.

Lato Pdl: Rollandin ed Ego Perron erano lì ad Arvier per spiegare come sia cosa buona e giusta andare a cena con il Pdl e finire a fare bunga bunga con il Caro Flaccido (copyright Vittorio Zucconi). D’altronde – proprio come con le ragazze dell’Olgettina – il vecchio sgancia, no? Però, avendola messa giù un po’ brutale, i berluscones (che sanno benissimo di essere appesi a un filo) si sono incazzati parecchio. Alberto Zucchi, il post fascista scopertosi più autonomista di Rivolin, è stato costretto a mettere su la faccia cattiva per prevenire le grane con i suoi e continuare la marcia verso la stanza dei bottoni e il sottogoverno. Ma soprattutto Rollandin e Perron hanno riempito la cassa di munizioni a Enrico Tibaldi, che dalla sua trincea azzurra continua a sparare per evitare l’abbraccio mortale. Quindi, per il Pdl, più noie che altro.

Lato “istituzionale”: Ma in tutto questo la cosa più irresponsabile, dal punto di vista dei cittadini, è che a dire cose del genere sia un presidente di Regione che, per di più, fa anche il prefetto. Un governo debole fa male a tutti, a cominciare dal sistema economico e giù a cascata. Ma qui, evidentemente, non frega a nessuno.

Il bunga bunga, i giornali e la privacy dei cadaveri

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La scorsa settimana, in un editoriale sul Peuple che ha fatto molto discutere (caso raro) il mondo politico valdostano per il raffreddamento tattico dell’interesse unionista nei confronti del Pdl, Ego Perron ha affrontato anche il tema del bunga bunga e dei giornali schierandosi di fatto dalla parte del premier (e di Emilio Fede) che lamenta di essere vittima di killeraggio gossipparo:

(…) assistiamo a un nuovo episodio della politica italiana che riguarda, come d’abitudine, la vita privata del presidente del Consiglio dei ministri. E i giornali, la carta stampata così come gli altri media, hanno trovato un altro agromento per fare la prima pagina e rivelare l’informazione al grande pubblico.

Che desolazione vedere la politica, passione che ho da sempre e che continuo ad amare profondamente, ridotta a un tale livello di bassezza. E si capisce meglio la ragione per la quale sempre più gente se ne allontana. Anche la stampa e il sistema dell’informazione hanno le loro responsabilità perché hanno un ruolo fondamentale nella democrazia di un Paese. E spesso, invece di affrontare le questioni che interessano la vita dei cittadini e il futuro del Paese, ci riempiono la testa con argomenti da Novella 2000. (…)

Vista la seconda parte del Perron-pensiero sarà stato un esercizio di cerchiobottismo per non irritare troppo gli azzurri già provati dalle nottate dello Stallone di Arcore, fatto sta che il presidente rossonero – a cui va riconosciuto almeno di non essersi lanciato nel filone “persecuzione giudiziaria” – dimentica che l’inchiesta dei pm milanesi riguarda reati ben precisi (anche particolarmente odiosi) e i giornali ne stanno dando conto raccontando le carte che rischiano di fare cadere il Governo e ammosciare il Cavaliere.

Oggi anche l’ex presidente della Regione Luciano Caveri affronta dal suo blog la questione delle mignotte presidenziali e dei resoconti giornalistici. Si schiera dalla parte opposta e, senza fare nomi che non sta bene, randella proprio Perron:

Il “caso Ruby” è esemplare. C’è chi dice che in fondo ogni amplificazione del caso è, alla fine, colpa dei giornalisti che amano rovistare nella spazzatura e invadere la privacy.
A parte che è vero che ci sono giornalisti ormai votati al servilismo o a libro paga per inzuppare la penna nel veleno, non si può negare che spesso siamo di fronte a niente altro che al dovere d’informare anche quando spiace o scoccia. La libertà di stampa è un caposaldo e solo chi ha perso il senso della realtà può pensare che il mondo debba essere fatto solo di scimmie ammaestrate. Sarebbe piacevole per il suonatore d’organetto di turno, chiunque esso sia e a qualunque schieramento appartenga, che tutti ballassero allo stesso ritmo, ma è una prospettiva triste e insensata e chi lo ritiene il migliore dei mondi possibili prima o poi batterà il naso.

E fin qui, ok, dice cose a mio avviso condivisibili e dà prova di buon senso. Poi si sa, la politica è fatta anche di punzecchiature del genere e Caveri, di fatto ai margini del suo partito dopo la reconquista rollandiniana, la gioca sul terreno dell’informazione che dovrebbe conoscere. Senonché, il 7 ottobre 2010, proprio lui, il giornalista prestato alla politica, faceva un pippone moralisteggiante al sistema dei media sul caso Sarah Scazzi, pescando a piene mani nel pressapochismo (zero esempi, zero citazioni, zero di zero). E chiedeva – unico al mondo, credo – di rispettare la privacy di un cadavere:

La morte di Sarah Scazzi, la ragazza pugliese uccisa dallo zio, ha dimostrato il degrado del giornalismo, se mai ce fosse stato bisogno. Vi prego di leggere agenzie e articoli e datevi un pizzicotto: purtroppo non sognate.

Per settimane, come per analoghi casi di cronaca (“Caso di Cogne” docet), certi cronisti o presunti tali hanno scavato nel fango alla ricerca quotidiana di particolari scabrosi.

Se il “dossieraggio” fa ribrezzo e le recenti vicende de “Il Giornale” mostrano la confusione fra il giornalista e il supporter politico, la trattazione senza ritegno di un caso che riguarda una minorenne avviene senza nessuna accortezza e in spregio ad elementari regole deontologiche.

Si insegue il particolare macabro e scandaloso, tipo la violenza carnale effettuata dallo zio sul cadavere della nipote, dopo averla strangolata e anche la tecnica di strangolamento viene raccontata senza risparmiarsi nei particolari.

Nella rudezza dei fatti, questi particolari arricchiscono il racconto o mostrano semmai un inutile comportamento da guardoni nel nome del diritto di cronaca? (…)

Evidentemente il “dovere di informare anche quando spiace o scoccia” per Caveri vale a seconda delle stagioni e dei casi di cronaca. Oppure, da ottobre a oggi, ha ripassato le regole fondamentali di quello che, tanto tempo fa, era il suo “mestiere”. Chissà se, tra le altre cose, ha scoperto anche che il vilipendio di cadavere non è un particolare scabroso ma un reato (articolo 410 del Codice penale) per cui ti giochi da 3 a 6 anni di carcere e, soprattutto, che la Carta di Treviso vale solo per i vivi.

Written by andrea chatrian

24 gennaio 2011 at 21:01

La frase del giorno

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La verità è che la fidanzata di Berlusconi è Alfonso Signorini.

(Lele Mora all’Ansa, per ora niente link)

Written by andrea chatrian

23 gennaio 2011 at 20:46