Archive for the ‘Giornalismo’ Category
Così lontani, così vicini
Mario Andrigo di mestiere fa il sostituto procuratore alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, la prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta. Di ‘ndrine, affari e politica se ne intende, ha il polso della situazione. Venerdì sera era ad Aosta per parlare alla Cittadella dei Giovani (invitato dall’associazione Libera e dall’Arma dei carabinieri) e presentare il libro scritto assieme al giornalista Lele Rozza. Qui di seguito metto un po’ di cose che ha detto e che sono state riportate dalle agenzie di stampa (ne parliamo anche sul giornale).
La Valle d’Aosta, come altre regioni del Nord Italia, è permeabile alle cosche in quanto realtà socio-economica che ritiene la ‘ndrangheta un fatto di recente scoperta. Non si può pensare alle mafie come a dei corpi estranei da respingere, ma è necessario affrontarle per estirparle, perché probabilmente sono già presenti. Anche qui negli anni passati ci sono stati processi alla ‘ndrangheta, dunque non bisogna limitarsi ad assumere un’aspirina ma è necessario sottoporsi a esami clinici più invasivi, altrimenti non si riesce a intervenire in modo efficace.
E fin qui, ok (voglio dire, son cose di cui si è parlato spesso negli ultimi anni). Ma c’è un altro passaggio che dovrebbe far riflettere davvero in una regione dove il motore economico e sociale è la pubblica amministrazione (e quindi la politica):
Il problema che si vive in Calabria non è tanto il controllo diretto della ‘ndrangheta sulla politica, quanto il fatto che la politica sia interamente vissuta come un modello per trovare un’occupazione e per accedere a un sistema di crescita progressiva che si realizza portando più voti di altri a un determinato candidato. In questo modo non si tutela solo il proprio interesse ma anche quello di amici e parenti, creando un vero e proprio sistema di clientela. Infiltrazioni e collusioni delle cosche, in assenza di questo sostrato, probabilmente non sarebbero così gravi.
Ah, tanto per stare tranquilli ha parlato anche Guido Di Vita, il comandante regionale dei carabinieri che prima di assumere il comando in Valle d’Aosta era di servizio proprio a Reggio:
Dopo l’omicidio di Natale a San Luca, che aveva fatto ricominciare la faida con la Strage di Duisburg, partirono telefonate da e per la Valle d’Aosta.
Entrare in politica, scalare il Consiglio regionale e scoprirlo dal proprio giornale
Alessandro Camera oggi è stato così gentile da farmi diventare vicepresidente del Consiglio regionale della Valle d’Aosta. Sempre meglio che un assassino, comunque. Che giornata per gli Chatrian…
Ad ogni modo Albert può stare tranquillo, il suo posto non lo voglio.
Ehi sono quaggiù!
Il ridimensionamento automatico delle immagini può creare effetti surreali se si ha a che fare con il (mini) ministro Brunetta. Questa volta è capitato all’Ansa. Roba che neanche se lo fai apposta. (Grazie al sempre ottimo Stampacadabra)
Showtime
Io ci ho anche provato, la scorsa notte, a sintonizzarmi su Espn per guardare il Superbowl. Per lo sport, sì, Steelers contro Packers, ma anche per tutto quello c’è di contorno e perché si giocava in Texas e io quel posto me lo porto dentro. E per gli spottoni, lo ammetto. Insomma, le motivazioni c’erano e ci tenevo proprio. Ma – come mi era già successo con gara 7 dell’ultima finalissima Nba Los Angeles-Boston – sono crollato subito. Appena dopo l’inno cantato da Christina Aguilera e i primi calci alla palla, ronf ronf. Ho ripreso conoscenza per gli ultimi 30 secondi di partita accompagnandoli con una discreta serie di imprecazioni.
Per fortuna che al Post non hanno sonno e così han raccolto le dieci migliori pubblicità andate in onda. (VW e Bridgestone sono le più fiche, altre come quella delle Skechers non si possono vedere).
Il bunga bunga, i giornali e la privacy dei cadaveri
La scorsa settimana, in un editoriale sul Peuple che ha fatto molto discutere (caso raro) il mondo politico valdostano per il raffreddamento tattico dell’interesse unionista nei confronti del Pdl, Ego Perron ha affrontato anche il tema del bunga bunga e dei giornali schierandosi di fatto dalla parte del premier (e di Emilio Fede) che lamenta di essere vittima di killeraggio gossipparo:
(…) assistiamo a un nuovo episodio della politica italiana che riguarda, come d’abitudine, la vita privata del presidente del Consiglio dei ministri. E i giornali, la carta stampata così come gli altri media, hanno trovato un altro agromento per fare la prima pagina e rivelare l’informazione al grande pubblico.
Che desolazione vedere la politica, passione che ho da sempre e che continuo ad amare profondamente, ridotta a un tale livello di bassezza. E si capisce meglio la ragione per la quale sempre più gente se ne allontana. Anche la stampa e il sistema dell’informazione hanno le loro responsabilità perché hanno un ruolo fondamentale nella democrazia di un Paese. E spesso, invece di affrontare le questioni che interessano la vita dei cittadini e il futuro del Paese, ci riempiono la testa con argomenti da Novella 2000. (…)
Vista la seconda parte del Perron-pensiero sarà stato un esercizio di cerchiobottismo per non irritare troppo gli azzurri già provati dalle nottate dello Stallone di Arcore, fatto sta che il presidente rossonero – a cui va riconosciuto almeno di non essersi lanciato nel filone “persecuzione giudiziaria” – dimentica che l’inchiesta dei pm milanesi riguarda reati ben precisi (anche particolarmente odiosi) e i giornali ne stanno dando conto raccontando le carte che rischiano di fare cadere il Governo e ammosciare il Cavaliere.
Oggi anche l’ex presidente della Regione Luciano Caveri affronta dal suo blog la questione delle mignotte presidenziali e dei resoconti giornalistici. Si schiera dalla parte opposta e, senza fare nomi che non sta bene, randella proprio Perron:
Il “caso Ruby” è esemplare. C’è chi dice che in fondo ogni amplificazione del caso è, alla fine, colpa dei giornalisti che amano rovistare nella spazzatura e invadere la privacy.
A parte che è vero che ci sono giornalisti ormai votati al servilismo o a libro paga per inzuppare la penna nel veleno, non si può negare che spesso siamo di fronte a niente altro che al dovere d’informare anche quando spiace o scoccia. La libertà di stampa è un caposaldo e solo chi ha perso il senso della realtà può pensare che il mondo debba essere fatto solo di scimmie ammaestrate. Sarebbe piacevole per il suonatore d’organetto di turno, chiunque esso sia e a qualunque schieramento appartenga, che tutti ballassero allo stesso ritmo, ma è una prospettiva triste e insensata e chi lo ritiene il migliore dei mondi possibili prima o poi batterà il naso.
E fin qui, ok, dice cose a mio avviso condivisibili e dà prova di buon senso. Poi si sa, la politica è fatta anche di punzecchiature del genere e Caveri, di fatto ai margini del suo partito dopo la reconquista rollandiniana, la gioca sul terreno dell’informazione che dovrebbe conoscere. Senonché, il 7 ottobre 2010, proprio lui, il giornalista prestato alla politica, faceva un pippone moralisteggiante al sistema dei media sul caso Sarah Scazzi, pescando a piene mani nel pressapochismo (zero esempi, zero citazioni, zero di zero). E chiedeva – unico al mondo, credo – di rispettare la privacy di un cadavere:
La morte di Sarah Scazzi, la ragazza pugliese uccisa dallo zio, ha dimostrato il degrado del giornalismo, se mai ce fosse stato bisogno. Vi prego di leggere agenzie e articoli e datevi un pizzicotto: purtroppo non sognate.
Per settimane, come per analoghi casi di cronaca (“Caso di Cogne” docet), certi cronisti o presunti tali hanno scavato nel fango alla ricerca quotidiana di particolari scabrosi.
Se il “dossieraggio” fa ribrezzo e le recenti vicende de “Il Giornale” mostrano la confusione fra il giornalista e il supporter politico, la trattazione senza ritegno di un caso che riguarda una minorenne avviene senza nessuna accortezza e in spregio ad elementari regole deontologiche.
Si insegue il particolare macabro e scandaloso, tipo la violenza carnale effettuata dallo zio sul cadavere della nipote, dopo averla strangolata e anche la tecnica di strangolamento viene raccontata senza risparmiarsi nei particolari.
Nella rudezza dei fatti, questi particolari arricchiscono il racconto o mostrano semmai un inutile comportamento da guardoni nel nome del diritto di cronaca? (…)
Evidentemente il “dovere di informare anche quando spiace o scoccia” per Caveri vale a seconda delle stagioni e dei casi di cronaca. Oppure, da ottobre a oggi, ha ripassato le regole fondamentali di quello che, tanto tempo fa, era il suo “mestiere”. Chissà se, tra le altre cose, ha scoperto anche che il vilipendio di cadavere non è un particolare scabroso ma un reato (articolo 410 del Codice penale) per cui ti giochi da 3 a 6 anni di carcere e, soprattutto, che la Carta di Treviso vale solo per i vivi.
Ebbravo
Il caso della professoressa incapace, raccontato da Cristian Pellissier, ha ispirato nientepopodimenoche il Buongiorno di Gramellini.
Bravo cispel.